Pilastro NW del Cengalo (3367 m)
via Gaiser-Lehmann

12 luglio 2003


 
 

Quando durante la settimana ho sentito Matteo al telefono che mi proponeva l'idea della Gaiser Lehmann sul pilastro NW del Cengalo, così, con lo stesso tono che userenti per proporre un'uscita a Pradello, da una parte sentivo già l'eccitazione, dall'altra sono rimasto diffidente. Matteo è fatto così.

Fatto sta che venerdì l'idea si concretizza in un progetto vero e proprio. Quando appendo il telefono dopo aver definito a grandi linee la partenza, le cordate e il materiale, sento addosso la "giusta tensione" che immancabilmente esce nelle grandi occasioni.

Siamo in cinque: Vincenzo e Paolo (padre e figlio) di Morbegno, Beppe (della provincia di Vicenza), Matteo ed io. Vincenzo è l'unico del gruppo che ha già fatto la via, parecchi anni fa. Paolo è un forte arrampicatore "valdimellino" e ha già fatto parecchie vie della Bondasca, dalla Cassin alle vie sulle Sciore. Beppe è una nuova conoscenza per me. Mi ha colpito perchè dimostra grande modestia, umiltà e simpatia da vendere. E' un accademico del CAI, ha un curriculum davvero impressionante sulle dolomiti e alpi occidentali. Ha partecipato alla spedizione dell'ADIQ al Cho Oyu del 2002, e molto ma molto altro ancora. Io sono chiaramente il meno esperto del gruppo.

Saliamo all'alpe Laret da Bondo nel primo pomeriggio e ci incamminiamo verso il rifugio Sciora. Non sono mai stato qui in estate. Per Matteo e me è la prima volta che torniamo alla capanna Sciora dopo l'avventura del mio addio al celibato due anni fa. Non c'è molta differenza nel fare tappa al Sasc Fourà piuttosto che alla capanna Sciora. Da quest'ultima ci vogliono circa 2h 1/2 di avvicinamento per arrivare all'attacco. La Sciora è forse un posto più tranquillo. Al Sasc Fourà infatti ci sono tutte le cordate che partono per la Cassin e per lo spigolo N del Badile.

Terminata la colazione, lasciamo il rifugio intorno alle 4:00. Seguiamo il sentiero del Vial che alla luce delle frontali è tutt'altro che evidente. La luna è quasi piena e stando dietro il Badile rispetto a noi crea un suggestivo effetto silhouette sull'immensa parete NE.

Giunti sotto questa grande parete del Badile lasciamo il sentiero e puntiamo dritto verso il ghiacciaio sovrastante quando sento una scarica partire dalla zona dei Pizzi Gemelli. Mi giro a guardare e la scarica si rivela una vera e propria frana di proporzioni gigantesche. Massi enormi che volano nel vuoto e urtando la roccia si schiantano con un fragore impressionante. Mai visto nulla di simile in vita mia. Rimango senza parole guardando una nuvola immensa di rocce e polvere che precipita a valle ben oltre il sentiero che avevamo seguito al buio. La nuvola di polvere levatasi dalla frana stazionerà nella valle per almeno mezzora. Riprendiamo l'avvicinamento e guadagniamo quota fino ad un isolotto roccioso dove ci fermiamo a mettere imbrago e ramponi. Tagliando a mezza costa il ghiacciaio verso sinistra giungiamo in breve alla base del pilastro. Siamo insieme ad un'altra cordata di due comaschi provenienti dal Sasc Fourà. In tutto tre cordate mentre quelle sulla Cassin non si contano. Viene rispettata così la proporzione secondo la quale per ogni cordata sulla Gaiser-Lehmann ce ne sono almeno tre sulla Cassin. Il meteo è favoloso e i primi raggi di sole colpiscono il centro della Nord-Est. Questa è una delle differenze tra le due vie. Sulla NE del Badile il sole arriva subito, sulla NW del cengalo il sole arriva molto più tardi. Come conseguenza i primi 200/300 metri della Gaiser-Lehmann si svolgono in un ambiente particolarmente tetro, freddo, di rocce rotte, a volte marce.

La crepa che separa il ghiacciaio dalla roccia non presenta difficoltà (ci sono annate in cui non si riesce nemmeno a passarla). Partono i due comaschi e subito dopo le nostre due cordate, più a sinistra. Beppe con Matteo e me, poi Paolo e Vincenzo. Saliamo diversi tiri, dandoci anche il cambio da primo di cordata ogni tanto, prima di accorgerci che forse non siamo sulla via giusta. Ci siamo tenuti troppo a destra rispetto allo spigolo. Qualche vecchio chiodo l'abbiamo anche trovato ma ad un certo punto ci infiliamo su una variante credo di VI oltre la quale diventa oltremodo difficile continuare. Paolo arriva ad una sosta su due chiodi, io lo sto per raggiungere ma mi devo fermare in posizione precaria perchè pare che da li non si vada avanti. Dopo varie discussioni, alla fine non possiamo fare altro che completare il tiro. Raggiungo Paolo in sosta, recuperiamo i secondi e con una breve doppia scendiamo tutti ad una sosta poco più in basso. Il morale è comunque alto, tanto che qualcuno scherza dicendo "beh, la direzione è quella giusta, gente. Bisogna andare in su!" alludendo forse al fatto che su questa via non ci sono vie di fuga. Si può solo salire.

Da qui procediamo agevolmente su terreno più facile ma sempre molto instabile quando finalmente raggiungiamo la famosa gengia che era da seguire da sinistra verso destra. Noi invece l'abbiamo presa da destra. Rimontiamo lo spigolo arrotondato del pilastro attraverso il passaggio in placca più impegnativo (V+) della via. In realtà si tratta di un passaggio meno impegnativo di alcune varianti fatte in precedenza. E' da qui che la via si fa esaltante, ora abbiamo sopra di noi un oceano di placche di granito meraviglioso solcate da provvidenziali fessure dove ogni tanto troviamo i resti di qualche vecchio cuneo di legno. E' come se uscissimo dall'"inferno" della prima parte per giungere al "paradiso" delle placche superiori. Curiosamente, è anche il momento in cui veniamo investiti dal primo sole della giornata. I raggi arrivano proprio dall'alto oltre le placche così che guardando in su veniamo accecati da tanta luce. E' una distesa gigante di granito compattissimo, stupendo e non difficile, tale da farci realmente godere in pieno del gesto arrampicatorio. Sono sensazioni che ho provato solo sullo spigolo Vinci, sempre al Cengalo, ma qui sono ancora più intense data la vastità dell'ambiente. Facendo sicura dalla sosta ho il tempo di osservare la Nord-Est del Badile. Siamo esattamente di fronte alla via degli Inglesi, una fessura verticale lungo tutta la parete che ad un certo punto si apre in un diedro perfetto. Vista da qui fa impressione perchè la parete appare schiacciata e da l'idea di essere perfettamente verticale.

Dopo diversi tiri è il momento di traversare verso destra, salire altre placche rotte ed infine giungere sugli sfasciumi sommitali. Ci sleghiamo ed in breve ci portiamo ad un colletto da dove si apre la vista sulla Giannetti. Sono le 15:00 in punto e abbiamo terminato la salita. Ci raduniamo tutti e cinque, ci complimentiamo e ci rilassiamo un attimo prima di scendere lungo la normale del Cengalo.

All'altezza dei nevai a sud della montagna sento una voce che chiama da lontano. Sono Elena e Michela che sono salite dai Bagni di Masino passando dalla Omio e che ci sono venute incontro. E' bello ritrovarsi tutti insieme.

Ci rimane ancora da scendere fino ai Bagni e farsi accompagnare di nuovo fino all'alpe Laret per riprendere l'auto, arriveremo a casa intorno all'una di notte, stanchissimi e felicissimi. Ancora una volta.

Lorenz