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Appena finita la conferenza ho addosso un entusiasmo
incredibile. Kurt Diemberger ha appena terminato di parlare delle sue
esperienze nella zona dell’Everest, mi fiondo in cima alla sala per fargli
firmare il suo libro “Tra Zero ed Ottomila”. In genere non mi lascio andare a
facili entusiasmi ma questa sera Kurt ha superato decisamente le mie
aspettative, gia’ molto alte per la verita’! Mentre firma il libro ho voglia di
dirgli che stiamo progettando da tempo la ripetizione della sua via sulla nord
del Roseg, quella che sale all’anticima NW, aperta nel luglio ’58.
Pero’ non ci riesco. Mi accontento di sentirlo scambiare
qualche parola con le persone vicine. Quest’anno fa 70 anni ma dimostra una
carica fuori del comune, un’icona vivente!
Sono passate diverse settimane ed ecco arrivato il
giorno tanto atteso. Sono molti mesi che Lorenzo ed io abbiamo messo gli occhi
sulla nord del Roseg, una delle pareti nord piu’ belle e affascinanti delle
Alpi, ed oggi siamo finalmente pronti per partire. Scegliamo di salire domenica
per fare la via lunedì. Grande scelta visto che cosi' evitiamo l'affollamento e
soprattutto, dopo il sabato di brutto tempo, troviamo due giorni splendidi con
zero termico non troppo alto. Siamo in quattro, Fabio e Matteo, due carissimi
amici del gruppo Corvi di Mandello che abbiamo coinvolto nell’idea e Lorenzo ed
io, prima amici che colleghi, ci siamo letteralmente “trovati” poco piu’ di un
anno fa nello stesso team di lavoro.
A mezzogiorno di domenica siamo a Pontresina, base di
partenza da dove si sale in val Roseg. Destinazione rifugio Tschierva. Sono 800
m appena di dislivello ma c'e' da percorrere praticamente tutta la valle su
una strada quasi piana per diversi chilometri fino all'Hotel Roseg da dove
poi si comincia a prendere quota fino al rifugio per un totale di 3h e 30 (di
piu' con lo zaino pesante).
Prendiamo posto al rifugio, onestamente con un pizzico
di malavoglia. Nessuno di noi infatti ama i rifugi svizzeri, sia per i prezzi
ma soprattutto per lo stile. Avevamo discusso non poco di salire in tenda in
modo da evitare il rifugio e da accorciare l'avvicinamento alla parete. Ma alla
fine abbiamo giudicato che non ne valeva la pena di portare su tenda, sacco,
stoviglie, etc, per una notte sola. In fondo meglio cosi' perche' lo zaino
pesa gia' abbastanza.
Si cena alle 18:30, abbiamo dunque il tempo di dare
un'occhiata al percorso tutt'altro che semplice da fare di notte per arrivare
alla base della parete. La relazione lo dà in 3h, un tempo piuttosto lungo per
un avvicinamento. Dopo cena usciamo all'aperto e ammiriamo lo spettacolo
offerto dalla triade Bernina, con la Biancograt proprio sopra di noi, lo
Scerscen, con il naso di ghiaccio, e il Roseg che con la sua parete nord
solcata da enormi seracchi pensili mi mette inquietudine. I miei compagni se ne
accorgono e mi prendono in giro, ma sono sicuro che gli fa lo stesso effetto.
Lorenzo ed io spargiamo il materiale su un tavolo all'esterno e ce lo
dividiamo: corda intera da 50, sei viti da ghiaccio, tre chiodi da roccia, un
fittone, cordini e fettuccie di varie misure, moschettoni vari, secchiello,
piastrina, un tibloc, due piccozze ciascuno, piu’ tutto il vestiario... Nel frattempo gli ultimi raggi di
sole illuminano le vette piu' alte dando luogo ad uno spettacolo di colori
sempre piu' tendente al rosa incredibilmente bello.
Il rifugista ci impone la colazione alle 3:00. Anche
discutendo non c'e' verso di fare diversamente. Noi avremmo preferito lasciare
il rifugio alle 2:30 ed invece dopo una colazione veloce e poco soddisfacente
partiamo alle 3:15. Col senno di poi la soluzione migliore consiste nel fare
solo pernottamento, portarsi il fornello e mangiare sulla terrazza. Cosí anche
per l’orario e la colazione stessa si e’ autonomi. Poco dopo di noi partono
alcune cordate tutte dirette alla Biancograt. Non incontreremo piu' anima viva
fino al nostro ritorno.
Abbiamo bene in mente il percorso da fare. Seguiamo
per 20 min la traccia morenica che porta alla Biancograt, fino a quando si può
scendere a dx verso il ghiacciaio, piatto e scoperto; lo attraversiamo in piano passando sotto una seraccata ed un
isolotto roccioso. Per salire al pianoro superiore abbiamo due possibilità: la
morena tutto a destra con traccia, ma su terreno scomodo e poco evidente al
buio (buono peró per la discesa), oppure, come da relazione, il canale
di misto che termina su una lingua di ghiaccio vivo. Visto dal rifugio
ha un pessimo aspetto, in realtà siamo saliti benissimo anche con la frontale.
Dalla cima del canale troviamo i primi crepacci. La parte successiva fino alla base
della parete è molto evidente e tracciata
e con un buon passo arriviamo all'attacco della via dopo 2h e mezza. Ora ci leghiamo a 50 m, mangiamo
qualcosa mentre Fabio e Matteo ci raggiungono dopo di che siamo pronti per
attaccare la via.
Facciamo il primo pezzo in conserva, passiamo la
terminale in un punto favorevole e puntiamo direttamente alla prima fascia di
roccette. Conduce Lorenzo e trova le prime difficolta' su roccia infida e
ricoperta di un manto nevoso instabile. Io che sto sotto devo schivare qualche
sasso che inevitabilmente viene smosso dal compagno. Pare proprio che di li non
si passi. La cordata di Fabio e Matteo mi raggiunge e decide di attaccare le
rocce un po piu' a sinistra, nel frattempo Lorenzo desiste, arretra di qualche
metro e si sposta anche lui piu' a sinistra dove sembra sia piu' semplice.
Riusciamo cosi' a passare, noi piu' a sinistra, Fabio e Matteo alla nostra
destra su un tratto di misto particolarmente bello. Da qui c'e' un bel tratto
di neve compatta, procediamo ancora dapprima in conserva e poi in alternato a
tiri di corda puntando alla seconda fascia di rocce. Raggiungo Lorenzo in sosta
e comincio a guardare in su per trovare il passaggio migliore. Lorenzo rinforza
la sosta piantando due solidi chiodi da roccia (di cui uno rimarra' sul
posto). Sono pochi metri di misto ma molto ripidi. C'e' di buono che la neve
e' molto compatta, le mie Axar lavorano alla grande e cosi’ riesco ad uscire
dal tratto difficile proseguendo ancora un poco prima di attrezzare la sosta.
Da qui in poi veniamo investiti dal sole. Non ce lo aspettavamo cosi' presto ma
pensandoci bene la parete e' orientata verso NE. Cominciano a piovere pezzi di
ghiaccio dall'alto, niente di serio ma ci rimane ancora da percorrere piu' di
meta' parete, tutta al sole. E questo ci preoccupa gia' di piu'. Un secondo
effetto del sole e' quello di rammollire subito lo strato di neve. Ci sono dei
tratti di neve marcia e instabile che ci costringono a spostarci di traverso per
cercare terreno piu' stabile. La parete non e' dunque in grandi condizioni,
neanche cattive per la verita', ma tali da costringerci a procedere a tiri.
Le soste sono
abbastanza agevoli, basta scavare di quei 20 cm per trovare ghiaccio e piantare
due viti da ghiaccio. Certo, procedendo a tiri ci permette anche di riposare
mentre si fa sicura al compagno. La
via prosegue regolare fino in vetta. Passiamo vicino ad un seracco enorme alla
nostra sinistra, sembra davvero che debba cadere da un minuto all'altro.
Diemberger nel '58 traccio', oltre alla via dove ci troviamo noi, la
direttissima alla cima del Roseg passando immediatamente sotto questo seracco e
aggirandolo a sinistra. Mi chiedo se allora le condizioni generali fossero
migliori, sicuramente. La regolarita' della via ci permette di distrarci un
poco. Osserviamo le cordate sulla Biancograt, la Marco e Rosa ben visibile
sotto di noi verso Est. Osserviamo per bene la cresta che dal Piccolo Roseg
precipita sulla porta Roseg e da li si impenna per salire allo Scerscen.
Constatiamo come la traversata Roseg-Scerscen-Bernina costituisca un'impresa di
rilievo assoluto.
Dopo 6h e mezza, a mezzogiorno circa, tocca a me per
puro caso raggiungere per primo la vetta dell'anticima NW del Roseg a 3920 m. Mi
avvicino guardingo al filo di cresta nel timore di trovarmi su una cornice. In
realta', dall'altra parte, pochi metri sotto ci sono le tracce di qualcuno che
il giorno prima ha percorso la Eselgrat. Mando un pensiero a mio padre e preparo
una sosta volante sulle piccozze. Lorenzo mi raggiunge sorridente e lo
immortalo con un paio di foto. Scartiamo subito l'idea di raggiungere la vetta
vera e propria, e' troppo tardi. Ci spostiamo piuttosto di qualche metro sul
versante italiano su delle comode rocce al riparo dal vento. Fabio e Matteo ci
raggiungono in pochi minuti, ci complimentiamo calorosamente con strette di
mano e pacche sulle spalle. Lorenzo ed io siamo un'ottima cordata, la sua
esperienza e tranquillita' mi danno un grande senso di sicurezza. Dopo la
Zippert allo sperone nord dei pizzi Palu' dell'anno scorso, questa e' un'altra
perla della cordata dei Lorenzi!
Dopo aver mangiato, bevuto e scherzato a sufficienza,
affrontiamo la discesa, facile nel primo tratto su ripidi pendii di neve fino a
giungere al tratto roccioso della Eselgrat, la bellissima cresta di misto data
AD con passaggi di III. Notiamo una sosta attrezzata con cordini vari per
scendere in doppia. Sulle relazioni non c'e' traccia di calate, perlomeno non
cosi' presto. Ne discutiamo e alla fine decidiamo di scendere in doppia
comunque, puntando sul ghiacciaio sottostante dove si notano chiaramente le
tracce della via normale, alcune delle quali sembrano proprio venire verso di
noi. In questo modo avremo modo di risparmiare sicuramente tempo prezioso. Con
quattro calate da 50 m su rocce rotte che grazie a Dio ci permettono comunque
di recuperare le corde, giungiamo sul ghiacciaio. Durante queste doppie sentiamo
continuamente dei boati piu' o meno forti senza capire da dove vengano. Ad un
certo punto ne sentiamo uno molto forte, sembra che arrivi dallo Scerscen ma
non vediamo niente. Mi viene in mente che potrebbe arrivare dalla nord appena
fatta, a noi nascosta da dove ci troviamo. Ed infatti vediamo un nuvolone di neve
scendere a valle e proveniente chiaramente dalla nord! Nessuno dice niente.
Poco dopo giunge la telefonata di Michela, la
fidanzata di Fabio, che ci riporta bruscamente alla civilta' moderna. Siamo
impestati in un freddo canale roccioso in alta montagna mentre attrezziamo una
doppia e l'ultima cosa al mondo che ti aspetteresti sono le telefonate di
morose e mogli! Caso vuole che i due capi dell'ultima doppia finiscano proprio
sopra la terminale, né un metro prima né uno dopo. Scherziamo dando la colpa a
Fabio, che gufa di maledetto... lui e la sua precisione nello stimare dove
arriva la doppia prima di buttare le corde! Per fortuna passiamo in un tratto
dove rimane chiusa ed in pochi minuti siamo di nuovo sul plateu alla base della
parete. Ci concediamo una breve sosta quasi per salutare la montagna prima di
tornare al rifugio dove incontreremo di nuovo altre persone. Il fatto di non
aver visto nessuno per tutto il giorno ha reso l'esperienza ancora piu' bella.
Rientrati al rifugio mangiamo quello che rimane e soprattutto beviamo come
spugne. Ci concediamo anche l'autentico lusso di una birra media da dividere in
quattro. Firmiamo il libro del rifugio, pare che siamo stati i primi a fare la
nord quest'anno.
Alle 20:30 ci ritroviamo in cammino su quella "maledetta"
strada sterrata che porta a Pontresina. Le mountain bike ci sfrecciano a destra
e sinistra, qualcuno si gira anche a guardarci (a me in particolare che rimango
indietro perche' proprio "non ne ho piu'").
A mezzora circa dal paese ci raggiunge un camion che
trasporta a valle le bottiglie vuote dell'Hotel Roseg. L'autista deve aver
provato pieta' perche' ci chiede se vogliamo un passaggio. Uno dei regali piu'
belli degli ultimi anni!!!! Saliamo sul retro insieme alle bottiglie (tutte
rigorosamene vuote, sic) e presto arriva il momento magico di quando ci si
sfila gli scarponi per calzare i sandali.
Lorenz
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